Le ragioni scientifiche della grafologia

Nella scrittura, il grafologo trova la possibilità di portare avanti un’indagine olistica, scandagliando la personalità umana non sulla base di strumenti settoriali e standardizzati, quali ad esempio i test di personalità, ma sulla base di un principio tanto semplice quanto complesso: scrivendo, il soggetto registra sulla carta, tramite un complesso alfabeto segnico non verbale, l’intera organizzazione complessiva del suo cervello, dalle arcaiche strutture tronco-piramidali, a quelle timiche, fino a quelle noetiche.
Ciò vale a dire che nella scrittura il grafologo è capace di analizzare il tipo e grado di vitalità, il temperamento, i rapporti emotivo-affettivi intercorsi tra il soggetto e l’ambiente, gli eventuali disturbi nevrotici, gli atteggiamenti sani, le sue capacità espressive su tutti i piani del comportamento umano.
Ciò non è di evidenza immediata e di facile applicazione per tutti. Vi sono principi molteplici e sfumati che interagiscono tra loro nelle maniere più articolate e disparate, e solo con adeguata preparazione è possibile districarsi nel complesso scenario segnico di ogni grafia indirizzando la propria interpretazione psicologica nella giusta direzione.

Neurofisiologia del gesto grafico.
Alla base del difficile studio del gesto grafico, sinteticamente possono essere descritti due movimenti fondamentali di diversa origine neurofisiologica.
Il primo riguarda la realizzazione di tutta la gestualità grafica che lo scrivente traccia dall’alto verso il basso, specie nelle aste letterali quali la t, d, l, p, ecc., in cui le singole fibre muscolari dell’indice e del medio si contraggono (mentre il pollice passa in posizione antagonista), incidendo la carta con la punta della penna. L’innervazione cerebrale impegnata in questa attività riguarda la parte del cervello più arcaico, la base tronco-piramidale, inerente la forza e la profondità degli istinti, in primis quello di conservazione, l’energia a disposizione dell’organismo più o meno vitale.
Il secondo riguarda tutti i movimenti di espansione orizzontale, sia nella conformazione degli ovali letterali che nei risvolti di collegamento tra lettere, in cui è invece la motricità neuromuscolare collegata al pollice ad entrare in azione (mentre l’indice passa in posizione antagonista). Tutti questi movimenti sono di innervazione limbico-talamica, inerenti lo schema corporeo e relativo senso di benessere e identità personale dell’individuo, delle sue memorie affettive e degli inerenti bisogni, desideri, fiducia, sicurezza (o meno) di espansione del cuore a coinvolgersi con il Tu.
Dal momento che l’atto dello scrivere richiede attenzione cosciente, nella complessa sinergia e automatismo di questi due movimenti vi è anche l’interazione dell’area del cervello filogeneticamente più recente, il corticale, che presiede, coordina e indirizza la propria volontà e coscienza teleologica traducendo il proprio pensiero nella comunicazione scritta.

Simbologia del gesto grafico.
Pur ricca di preziose informazioni su come funziona quel cervello che ha scritto sulla carta con la sua unica e irrepetibile individualità, l’analisi grafologica sarebbe forse poca cosa se non poggiasse anche su leggi simboliche intrinsecamente connesse al piano neurofisiologico appena descritto. E laddove l’ambito neurofisiologico può essere spiegato con certezza scientifica, altrettanto si può dire di quanto appartiene al mondo del simbolo. Ma per intenderci, occorre fare certe premesse importanti.
Se per Aristotele l’essere umano è un animale ragionevole, per i pensatori moderni, ad esempio lo psicologo svizzero Jung e il filosofo tedesco Cassirer,  l’essere umano è anche, se non soprattutto, un animale simbolico. Ciò vuol dire che non solo egli vive all’interno di una realtà che accanto al piano materiale presenta un livello simbolico, ma che egli stesso è creatore di simboli, dai quali è capace di creare e contemporaneamente attingere incessantemente significati.
Il simbolo svolge, nella vita dell’individuo, funzione di mediazione, cioè di dialogo con lo sconosciuto da conoscere, con lo spazio infinito da conquistare, con la contemplazione del mistero del Tu e delle Stelle, dell’incontro con Dio.
Tanto più l’essere umano è capace di vivere il simbolo, che lega la sua presenza al mondo come in una danza e interazione magica, quanto più è un essere sano. Laddove invece -come afferma Jung in una sua famosa frase, gli Dei sono diventati malattia – l’individuo perde la capacità, tramite il simbolo, di dialogare con loro, egli stesso diventa malato, ovvero nevrotico, e la sua vita diventa sterile di significato.
Questi piani del vivere di importanza così decisiva per il benessere psicologico e spirituale dell’individuo sono rivelati – pur se può sembrare incredibile – dalla scrittura. Anzi, la grafologia afferma che, anche per un’indagine psicologica di tale portata, non c’è espressione comportamentale dell’uomo che sia più ricca di informazioni come è lo scrivere.
Il foglio grafico nel quale scriviamo è simbolo dello spazio esistenziale nel quale viviamo; come in questo esprimiamo i doni e i limiti della nostra personalità, altrettanto riveliamo sulla carta.
Parafrasando un assioma della Scuola psicologica di Palo Alto, è impossibile non comunicare, ovvero non rispondere, a tutte le sollecitazioni di natura simbolica che l’atto dello scrivere provoca nello scrivente. Ciò è tanto più infallibile quanto più è frutto non tanto della coscienza (e delle sue possibili resistenze a rivelarsi) ma dell’inconscio, cioè del fatto che lo scrivente è del tutto ignaro, mentre scrive, del complesso scenario nel quale si muove.
L’idea archetipica di Madre, intesa come Inizio, passato, terra da cui ogni essere umano proviene; di Padre come seconda dimensione del Tu, dell’Avanti verso cui il bambino (e poi l’adulto) si muove; dell’Alto come piano dello Spirito e dello psichico con cui ogni individuo deve illuminare la propria esistenza; del Basso come piano inferiore degli istinti e pulsioni da integrare nella realtà, sono i punti cardinali, l’est, l’ovest, il nord e il sud su cui si struttura la vita, e si dipana la grafia, di ogni individuo.
Tutto ciò è meravigliosamente descritto dalla scrittura per una semplice ragione: iniziamo a scrivere dal bordo sinistro del foglio e articoliamo le singole lettere verso l’avanti di quelle vicine. Siamo costretti ad alzarci da alcune lettere (la l, h, t, ecc), ad abbassarci da altre(la p, g, q, ecc), terminiamo una parola, ne iniziamo un’altra, e ci dirigiamo verso il bordo destro del foglio a conclusione dell’esperienza di tutto il tracciato della riga, ricominciandone poi un’altra con un altro punto di inizio, e così via per tutta la pagina.

Conclusioni
Il grafologo, quando è seriamente preparato, è capace di leggere tutto questo nella grafia. La cosa ha sì del meraviglioso, ma non ha niente di estemporaneo o divinatorio. La grafia può e deve essere considerata alla stregua di una elettroencefalografia e, sin dal 1924 Girolamo Moretti afferma che “…è atta a rappresentare le funzioni più sfumate del cervello”.